Il Malinteso della “Crescita Infinita”
Di Kevin Carson. Articolo originale: Misunderstanding “Infinite Growth” dell’undici agosto 2025. Tradotto da Enrico Sanna.
Sul sito della Foundation for Economic Education, Patrick Carrol (“Responding to Reich, Part 10: How to Have Infinite Growth on a Finite Planet,” 18 febbraio) cerca di spiegare perché chi critica il capitalismo sbaglia a dire che in un pianeta finito è impossibile una crescita infinita.
Quanto al concetto di crescita infinita in un pianeta finito, Reich fa il solito errore di pensare che la crescita economica sia necessariamente legata alla crescita fisica. Come spiegavo in un articolo recente, la crescita economica riguarda il valore, non le cose, dunque i limiti del pianeta, pur essendo reali e significativi, non sono un buon motivo per criticare la crescita economica continua in quanto tale.
Lo stesso ragionamento, in forma più estesa, l’aveva fatto contro David Attenborough:
Sir David Attenborough nel 2013 espresse un’opinione diffusa: “Abbiamo un ambiente finito: la terra. Chi pensa che si possa avere una crescita infinita in un ambiente finito o è un pazzo o è un economista.”
Il problema è che questo pensiero fraintende il concetto di crescita economica.
“Per crescita, gli economisti intendono la produzione di valore scambiato sul mercato”, scrive Joakim Book. Una volta che entriamo nell’ottica economica, risulta chiaro che la crescita in questo senso può essere virtualmente infinita, anche in un mondo con risorse fisiche limitate.
“Viviamo in un mondo con un numero limitato di atomi”, scrivono Marian Tupy e Gale Pooley nel loro Superabundance del 2002. “Ma ci sono infiniti modi di combinare questi atomi. Le possibilità di creare nuovo valore sono pertanto infinite.”
Come scrive Tim Worstall, “Il pil non è una sostanza minerale, o qualcos’altro di fisico, che viene trasformato. È valore aggiunto. Il suo limite, pertanto, dipende dal fatto di sapere come aggiungere valore. Per cui, anche se le risorse fisiche sono ovviamente scarse (non esisterebbe l’economia se non fosse così), non sono le risorse fisiche che limitano la crescita economica. È la conoscenza.”
Carrol cita anche Josh Hendrickson secondo il quale la crescita economica “dipende dalla ‘scoperta di usi più efficienti delle risorse’.”
Ma se il dibattito tra decrescentisti e ecomodernisti degenera spesso nel fraintendimento reciproco per via di una incapacità di accordarsi su una definizione coerente di “crescita”, o anche solo perché non si riesce a spiegare cosa s’intende per crescita, Carroll invece porta l’ambiguità ad un altro livello non dando una definizione adeguata del “valore”. Non spiega se si tratta di valore di scambio o valore d’uso, né spiega perché la crescita del valore d’uso o dell’efficienza dovrebbe necessariamente portare ad una crescita del valore di scambio.
In realtà l’imperativo capitalista di una crescita infinita dell’accumulazione e dei profitti opera tramite la “creazione di valore” non nel senso che crea nuovi usi o valori d’uso, ma nel senso che riesce a mercificare cose che prima non erano mercificate. Così Sharon Kuruvilla (“Neon Veins, Iron Fist,” 21 febbraio):
Prendendo in prestito un’un concetto del teorico della scuola di Francoforte Jürgen Habermas, il cyberpunk esplora la “colonizzazione del mondo della vita per mezzo di imperativi sistemici”. Per chi non conosce Habermas, il mondo della vita è il dominio quotidiano dei valori intrapersonali, dei significati e delle convenzioni culturali; è il mondo quotidiano in cui viviamo, che si regge sulla libertà d’agire e la comunità. L’opposto è rappresentato dagli imperativi sistemici, che secondo Habermas sono quei grossi meccanismi impersonali come il mercato e la burocrazia governati interamente dalla razionalità strumentale (efficienza, controllo e orientamento ai risultati). Secondo Habermas, gli imperativi sistemici hanno un ruolo nel governo delle società, le società contemporanee tendono a colonizzare il mondo della vita con gli imperativi sistemici. In sostanza, alla quotidianità in cui viviamo si sostituisce pian piano un mondo in cui l’unico imperativo e l’analisi costi-benefici: che vantaggi ne ho io?
Quando il capitalismo fa crescere il valore d’uso, il valore di scambio nel lungo termine non cresce, se non nella misura in cui richiede un aumento di risorse come il lavoro o le materie prime. Senza la proprietà intellettuale che monopolizza i prezzi, gli avanzamenti tecnologici tenderebbero di per sé a ridurre sia il bisogno di risorse che il valore di scambio del prodotto finale.
Come spiego in un altro articolo, progresso tecnologico, efficienza e abbondanza hanno un effetto naturalmente deflazionario, ovvero tendono a distruggere il valore di scambio.
Nonostante la poca chiarezza in materia di molti decrescentisti, per decrescita non si intende la riduzione dello standard di vita materiale ma l’eliminazione dell’impronta ecologica (consumo di risorse fisiche) e la fine della crescita in termini di pil. Il pil (prodotto interno lordo) misura il valore di scambio di tutti i beni e i servizi prodotti. A differenza della rendita data da una scarsità artificiale, come la proprietà intellettuale, il valore di scambio di beni e servizi è sostanzialmente il costo totale degli input. Dunque l’idea di una crescita infinita come effetto di una crescita del valore di scambio, con un consumo delle risorse invariato, è in contrasto con la realtà, a meno che le rendite monopolistiche non rappresentino una parte consistente del pil. Soprattutto se la crescita economica è frutto di un uso più efficiente delle risorse: un uso più efficiente delle risorse riduce i costi di produzione e quindi anche i prezzi e il pil.
Tornando al ragionamento di Carroll, in base a questi principi la “conoscenza” può produrre crescita economica solo se (la conoscenza) viene appropriata e trasformata in fonte di profitto tramite la scarsità artificiale, come la proprietà intellettuale. Altrimenti, la tendenza naturale è verso la decrescita.
Lo teoria secondo cui l’appropriazione fa crescere il valore di scambio, nonostante le tecnologie dell’abbondanza tendano a ridurre i costi produttivi di un particolare valore d’uso, è un modello economico che Peter Frase chiama “anti-Star Trek.” Nell’universo di anti-Star Trek esistono le stesse tecnologie post-scarsità, replicatori di energia-materia e così via, che esistono su Star Trek. La differenza sta nelle relazioni di proprietà socialmente accettate.
Anti-Star Trek parte dalle stesse premesse tecnologiche [di Star Trek]: replicatori, energia gratis e un’economia post-scarsità, ma con relazioni sociali diverse. Anti-Star Trek è il tentativo di ovviare alla seguente questione:
Data un’abbondanza materiale resa possibile dal replicatore, com’è possibile mantenere un sistema basato sul denaro, il profitto e il potere di classe?…
Come nel capitalismo industriale, l’economia di anti-Star Trek poggia su particolari relazioni di proprietà imposte dallo stato. Con la differenza che la proprietà non è fisica ma intellettuale, illecitamente codificata nei brevetti e nei copyright…
Questo genere di proprietà intellettuale è la base economica di anti-Star Trek: la capacità di dire ad altri come utilizzare copie di un’idea che è tua “proprietà”. Per poter accedere ad un replicatore, devi comprarne uno dall’impresa che ti fornisce la licenza d’uso. Non si può fare un replicatore con le proprie mani o con un altro replicatore perché ciò violerebbe i termini della licenza. Inoltre, ogni volta che crei qualcosa con il replicatore devi pagare una tariffa a chiunque detenga i diritti di quel qualcosa. Se, ad esempio, il capitano Jean-Luc Picard di anti-Star Trek vuole un “tè Earl Grey, bollente”, deve pagare la società che ha il copyright della ricetta di quel tè da replicare con il replicatore.
L’imperativo della crescita del capitalismo porta tutt’al più a una riduzione del valore d’uso e dell’utilità man mano che cresce il valore di scambio. Oggi noi vediamo sempre più spesso quella che Cory Doctorow chiama banalizzazione (enshittification), Ed Zitron economia del marciume e Thorstein Veblen supremazia del business sull’industria. Si fanno profitti con l’asset stripping o cannibalizzando attività produttive (e quindi riducendo l’utilità per il consumatore) più che creando nuovi servizi.
La subordinazione della piazza digitale e della politica agli imperativi del capitale produce una realtà cyberpunk che Kuruvilla descrive così:
Oggi vediamo reti sociali tossiche che (anche senza l’aiuto dell’intelligenza digitale) infestano lo spazio digitale pubblico di idiozie e rabbia, amministratori di società biotecnologiche che promettono bambini su misura, un presidente appoggiato da investitori e tecnocapitalisti come Elon Musk, un vicepresidente che sogna il “digital patchwork” di neorezionari come Curtis Yarvin, Elon che si lamenta dell’aspetto troppo “woke” dei personaggi femminili nei videogiochi, e infine la violenza vista sempre più come metodo valido per realizzare i propri scopi. Ne scaturisce una realtà che somiglia più a una finzione cyberpunk che alla futurologia ottimista di Johan Norberg, Stephen Pinker o Iain Banks.
Ma non si tratta di inevitabili effetti collaterali della tecnologia. L’errore di teorici come Lewis Mumford (The Pyramid of Power) e Jacques Ellul (Il sistema tecnico) sta nel vedere il totalitarismo come parte integrante della cibernetica stessa e non come struttura di potere che si serve della cibernetica. La distinzione, secondo Kuruvilla, la troviamo nel padre della cibernetica, Norbert Wiener. Il quale…
criticava la tendenza di capitalisti e fascisti a ridurre le persone a ruoli specifici chiaramente definiti e doveri. La sua critica era non solo morale ma anche strumentale: ridurre le possibilità delle persone limita le potenzialità. Una persona non nasce con un ruolo specifico ereditato geneticamente, piuttosto ha un potenziale d’interazione con la realtà, può fare tantissime cose nella propria vita. Ed è questa possibilità che autocrati e oligarchi vogliono soffocare.
Per fare un esempio, la banalizzazione dei social è il risultato di una privatizzazione legale dell’effetto rete usato come fonte di rendita e di un aumento artificiale dei costi necessari a cambiare piattaforma; ciò permette ai padroni aziendali di creare una piattaforma chiusa, una sorta di “Morte Nera”. Banalizzazione e privatizzazione totalitaria possono essere eliminate tramite quella che Cory Doctorow chiama “interoperabilità contradditoria”: eliminare le barriere legali artificiali che impediscono alle persone comuni di creare le proprie attività sopra o fuori da Facebook, Twitter, Uber, Amazon eccetera, senza il loro permesso.
Lo stesso discorso vale per gli aspetti tossici della globalizzazione, che non sono il risultato di tecnologie produttive e logistiche in sé ma della struttura sociale. Il cosiddetto “vantaggio comparativo” all’origine di molte delocalizzazioni è un artefatto, è un prodotto dello stato che abbassa artificialmente i costi dei trasporti a lungo raggio (con incentivi diretti, una politica estera diretta a controllare le fonti energetiche e tanto altro). Ed è sempre lo stato che legalizza la proprietà esclusiva del design, con drastici accordi globali sulla proprietà intellettuale che permettono ad un’azienda “manifatturiera” di appaltare l’intera produzione a società nominalmente indipendenti tenendo per sé il diritto legale di autorizzare la produzione secondo un dato design e di vendere il prodotto finale. Per “efficienza” il capitale occidentale intende soprattutto lavoro a basso costo e facilmente sfruttabile del terzo mondo, dove i lavoratori sono in realtà tanto quanto se non più esperti dei lavoratori occidentali. Ed esportare la produzione laddove il lavoro costa meno è reso possibile dagli interventi citati. Senza sostegni logistici e proprietà intellettuale, le fabbriche in Asia potrebbero tranquillamente ignorare i brevetti occidentali e produrre per il mercato interno a prezzi molto più bassi invece di venderli per quattro soldi a Walmart che poi li rivende a prezzi svariate volte tanto. Date queste condizioni, interiorizzati i prezzi e rimosse le barriere imposte alla produzione, sarebbe più efficiente riportare in Occidente la produzione di molti beni.
Questo non significa ovviamente che il protezionismo è un bene o che il commercio è un male. Il male è solo quella finta efficienza frutto delle esternalità e della scarsità artificiale.
In sostanza, bisognerebbe privare il capitale della possibilità di praticare una crescita estensiva basata su un consumo crescente di risorse, e di trasferire al consumatore i costi di quelle efficienze che il capitale utilizza come fonte di rendita. Come i Diggers quasi quattro secoli fa abbatterono i muri e cominciarono a coltivare la terra dichiarandola bene comune, così noi dovremmo abbattere i muri della legge e dichiarare nostri i benefici creati dal nostro intelletto collettivo.
Le nostre traduzioni sono finanziate interamente da donazioni. Se vi piace quello che scriviamo, siete invitati a contribuire. Trovate le istruzioni su come fare nella pagina Sostieni C4SS: https://c4ss.org/sostieni-c4ss.
The Center for a Stateless Society (www.c4ss.org) is a media center working to build awareness of the market anarchist alternative
Source: https://c4ss.org/content/60727
Anyone can join.
Anyone can contribute.
Anyone can become informed about their world.
"United We Stand" Click Here To Create Your Personal Citizen Journalist Account Today, Be Sure To Invite Your Friends.
Before It’s News® is a community of individuals who report on what’s going on around them, from all around the world. Anyone can join. Anyone can contribute. Anyone can become informed about their world. "United We Stand" Click Here To Create Your Personal Citizen Journalist Account Today, Be Sure To Invite Your Friends.
LION'S MANE PRODUCT
Try Our Lion’s Mane WHOLE MIND Nootropic Blend 60 Capsules
Mushrooms are having a moment. One fabulous fungus in particular, lion’s mane, may help improve memory, depression and anxiety symptoms. They are also an excellent source of nutrients that show promise as a therapy for dementia, and other neurodegenerative diseases. If you’re living with anxiety or depression, you may be curious about all the therapy options out there — including the natural ones.Our Lion’s Mane WHOLE MIND Nootropic Blend has been formulated to utilize the potency of Lion’s mane but also include the benefits of four other Highly Beneficial Mushrooms. Synergistically, they work together to Build your health through improving cognitive function and immunity regardless of your age. Our Nootropic not only improves your Cognitive Function and Activates your Immune System, but it benefits growth of Essential Gut Flora, further enhancing your Vitality.
Our Formula includes: Lion’s Mane Mushrooms which Increase Brain Power through nerve growth, lessen anxiety, reduce depression, and improve concentration. Its an excellent adaptogen, promotes sleep and improves immunity. Shiitake Mushrooms which Fight cancer cells and infectious disease, boost the immune system, promotes brain function, and serves as a source of B vitamins. Maitake Mushrooms which regulate blood sugar levels of diabetics, reduce hypertension and boosts the immune system. Reishi Mushrooms which Fight inflammation, liver disease, fatigue, tumor growth and cancer. They Improve skin disorders and soothes digestive problems, stomach ulcers and leaky gut syndrome. Chaga Mushrooms which have anti-aging effects, boost immune function, improve stamina and athletic performance, even act as a natural aphrodisiac, fighting diabetes and improving liver function. Try Our Lion’s Mane WHOLE MIND Nootropic Blend 60 Capsules Today. Be 100% Satisfied or Receive a Full Money Back Guarantee. Order Yours Today by Following This Link.
